sabato 15 settembre 2012

CRISTIANI PERSEGUITATI: ASIA BIBI e SHAHBAZ BHATTI

DAl testamento spirituale del ministro cattolico Shahbaz Bhatti
Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese.

ASIA BIBI
Il mio torto? Solo quello di avere bevuto dell’acqua proveniente da un pozzo di alcune donne musulmane usando il «loro» bicchiere, quando c’erano 40 gradi al sole. Io, Asia Bibi, sono condannata a morte perché avevo sete. Sono in carcere perché ho usato lo stesso bicchiere di quelle donne musulmane. Perché io, una cristiana, cioè una che quelle sciocche compagne di lavoro ritengono impura, ho offerto dell’acqua a un’altra donna”. E’ il caso drammatico di questa giovane donna pakistana condannata a morte per blasfemia nel 2010 e da allora in carcere in attesa della condanna. Molte sono state le richieste di liberazione (compresa quella del Papa) e nel frattempo, con l’aiuto di una giornalista, Anne-Isabelle Tollet, ha pubblicato una autobiografia dal titolo: Blasfema. Condannata a morte per un sorso d’acqua, (Mondadori, 2011) da cui è tratto il brano presentato. Prosegue scrivendo:

 

“Non sono musulmana, ma sono una buona pakistana, cattolica e patriota, devota al mio Paese come a Dio. Abbiamo amici musulmani. Non ci sono mai stati problemi. E anche se non abbiamo avuto sempre vita facile, abbiamo il nostro posto. Un posto di cui ci siamo sempre accontentati. Quando si è cristiani in Pakistan, ovviamente bisogna tenere gli occhi un po’ più bassi. Certi ci considerano cittadini di seconda categoria. A noi sono riservati lavori ingrati, mansioni umili. Ma il mio destino non mi dispiaceva. Prima di tutta questa storia ero felice...Oggi sono come tutti i condannati per blasfemia del Pakistan. Che siano colpevoli o no, la loro vita viene stravolta. Nel migliore dei casi stroncata dagli anni di carcere. Ma il più delle volte chi è condannato per l’oltraggio supremo, che sia cristiano, indù o musulmano, viene ucciso in cella da un compagno di prigionia o da un secondino. E quando è giudicato innocente, cosa che capita assai di rado, viene immancabilmente assassinato appena lascia il penitenziario. Nel mio Paese l’accusa di bestemmiatore è indelebile. Essere sospettati è già un crimine agli occhi dei fanatici religiosi che giudicano, condannano e uccidono in nome di Dio. Eppure Allah è solo amore. Non capisco perché gli uomini usino la religione per fare il male. Mi piacerebbe credere che prima di essere esponenti di questa o quella religione siamo anzitutto uomini e donne… Secondo i giornalisti, 10 milioni di pakistani sarebbero pronti a uccidermi con le loro mani. A chi mi eliminerà, un mullah di Peshawar ha addirittura promesso una fortuna: 500.000 rupie. Da queste parti è il prezzo di una bella casa di almeno tre stanze, con tutti i comfort”.

Scrive ancora Asia Bibi: “Solo il governatore del Punjab, Salman Taseer, e il ministro cristiano per le Minoranze, Shahbaz Bhatti, hanno avuto il coraggio di sostenermi pubblicamente e di opporsi a questa legge antiquata. (…) Per avere denunciato tanta ingiustizia questi due uomini coraggiosi sono stati assassinati in mezzo alla strada. Uno era musulmano, l’altro cristiano. Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza”.
La mattina del 2 marzo 2011, lasciata la casa della madre per recarsi al lavoro, il veicolo su cui viaggiava (privo di scorta) fu attaccato da un gruppo di uomini armati, che aprì il fuoco sul ministro, ferendolo gravemente. L'autista riuscì a salvarsi, mentre Bhatti morì nel trasferimento in ospedale. Secondo alcune fonti, Bhatti, consapevole dei rischi che correva, aveva chiesto al governo una scorta, che non gli era mai stata data.
LA GEOGRAFIA DELLE PIU’ RECENTI PERSECUZIONI
In Africa è particolarmente pericolo essere cristiani in paesi come la Nigeria dove decine di cristiani sono morti in attacchi bomba da parte di Islamisti, che hanno preso di mira le preghiere per il Natale. Ma non è semplice la vita neanche in Sudan e Sud Sudan, ora indipendente, dove si sono registrati diversi casi di violenza. Da non dimenticare neanche gli strascichi della guerra civile in Costa d'Avorio e l'instabilità della Somalia, dove in assenza di un vero governo bande ultra-fondamentaliste islamiche attaccano spesso i cristiani.
In Asia sono molti i paesi ostili al cristianesimo. In Iran e Pakistan diversi cristiani sono nel braccio della morte per "apostasia" - l'abbandono dell'Islamismo - o blasfemia. Dozzine di chiese in Indonesia sono state attaccate o chiuse.
Non tutti i guai del cristianesimo sono dovuti, però, a gruppi estremisti musulmani. La fede affronta persecuzioni nei gruppi formalmente comunisti della Cina e del Vietnam. In India i nazionalisti hindu perseguitano i correligionari che vogliono diventare cristiani. In Terra Santa le chiese locali sono strette tra l'invasione della loro proprietà da parte di Israele e le offerte da parte degli Islamisti di monopolizzare la vita della Palestina. I seguaci di Gesù possono ancora divenire una minoranza nella sua terra natia.

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