lunedì 21 gennaio 2013

GIOVANI E FEDE (un libro e una ricerca)


IL LIBRO: Armando Matteo, La prima generazione incredula, 2010, Rubettino, p.102, 10 euro

Gli attuali ventenni e trentenni sono la prima generazione incredula dell’Occidente: una generazione che non vive contro il Dio e la Chiesa di Gesù, ma senza il Dio e la Chiesa di Gesù e vive addirittura la propria ricerca di spiritualità senza questo Dio e senza questa Chiesa. 
I genitori hanno continuato a chiedere per i loro figli i sacramenti della fede ma senza fede nei sacramenti, hanno portato i figli in Chiesa ma non hanno portato la Chiesa ai loro figli, hanno favorito l’ora di religione ma hanno ridotto la religione a una questione di ora. Hanno imposto una divergenza netta tra le istruzioni per vivere e quelle per credere, per cui la frequentazione della vita in parrocchia, dell’oratorio e della scuola di religione risultano un semplice passo obbligato per l’ingresso nella società degli adulti. In sostanza non hanno più dato spazio alla cura della fede dei propri figli.

Se facciamo riferimento ai dati delle indagini più recenti, bisogna riconoscere che nei giovani tra i 20 e i 30 anni esiste, in generale, un atteggiamento di estraneità alla fede cristiana. Ciò non esclude, tuttavia – come si può riscontrare nelle nostre associazioni ecclesiali – che ci sia una percentuale significativa di giovani con un forte slancio verso la fede cristiana, vissuta all’insegna della centralità del Vangelo e della preghiera, anche se si tratta di un numero che tende a diminuire. Ciò che accomuna, comunque, tutti i giovani è il fatto che in loro sia presente un’inquietudine molto profonda per come è strutturata la società di oggi, in cui c’è poca speranza, manca il futuro: in questo, c’è una certa contemporaneità con Gesù, preoccupato di rivolgere uno sguardo di maggiore attenzione soprattutto a chi è povero e sfortunato. E tra i ‘nuovi poveri’, oggi, sicuramente bisogna aggiungere i giovani”.
Le nuove generazioni sono nate da genitori ampiamente investiti dall’avvento della cultura postmoderna e quindi del suo lento ma non per questo meno inesorabile divenir “estranea” al cristianesimo: hanno respirato una cultura che estrometteva tutti i punti di aggancio sui quali la teologia cristiana aveva puntato per dire la bontà di Dio per una vita piena. Hanno imparato a cavarsela senza Dio e così hanno insegnato a fare ai loro figli. Più in verità, hanno pian piano disimparato a credere e a pregare e così non vi hanno potuto avviare la loro prole. Hanno forse ancora mantenuto un legame affettivo (re-ligio) ai riti ecclesiali, ma privo di ogni consistenza di fede. Hanno addirittura anche favorito l’andare in Chiesa dei loro ragazzi, ma di loro neppure l’ombra, ed è noto che l’educazione passa attraverso gli occhi più che attraverso i buoni consigli o le imposizioni.
E’ nata così la prima generazione incredula della storia dell’Occidente, figlia dei figli del ’68”.
don
Armando Matteo


LA RICERCA: “perché i giovani lasciano la Chiesa?
Gli autori David Kinnaman, e Aly Hawkins, hanno recentemente analizzato una vasta gamma di dati statistici riguardo al rapporto tra giovani e fede negli Stati Uniti, dati che parlano in gran parte di tutta la situazione in Occidente.
Tre giovani cristiani su cinque, all’incirca, lasciano la fede e abbandonano le loro chiese di origine. Questo accade, in genere, verso i 15 anni. E’ un fenomeno comune, con diverse gradazioni, a tutte le confessioni religiose cristiane in occidente, in Europa e negli Stati Uniti.
Il 22 per cento ha dichiarato che le Chiese ignorano i problemi del mondo reale; il 18 per cento ha affermato che la propria Chiesa sembra troppo preoccupata per l’impatto negativo dei film, della musica e dei videogames.
Andando più in profondità, è emerso che molti giovani adulti sentono che la loro esperienza del cristianesimo è superficiale, poco intensa. Un terzo del campione giovanile intervistato ha affermato che “la Chiesa è noiosa”. Il 20 per cento di quelli che come teenager hanno partecipato al sondaggio hanno affermato che Dio sembra essere assente dalla loro esperienza di chiesa.
Lo studio ha messo in luce che molti giovani adulti non apprezzano il modo in cui la propria Chiesa sembra opporsi alla scienza.
Riguardo alla sessualità il 17 per cento di giovani cristiani afferma “di aver commesso errori, e di sentirsi giudicata dalla Chiesa a causa di essi”. Due giovani adulti cattolici su cinque affermano che l’insegnamento della Chiesa sul controllo delle nascite e sul sesso “è antiquato”.
Il 29 per cento dei giovani cristiani hanno dichiarato che “le Chiese hanno paura di ciò che altre fedi credono”, e sentono che devono scegliere fra i loro amici e la loro fede.
Sentono la Chiesa è “poco amichevole nei confronti di coloro che dubitano”. Oltre un terzo dei giovani adulti ha dichiarato che non possono, nella Chiesa, porre le questioni più pressanti della vita e il 23 per cento ha ammesso di avere “dubbi intellettuali significativi” sulla propria fede.
Dalla ricerca è nato un libro, di cui è autore David Kinnaman, presidente del Barna Group, dal titolo indicativo: “Mi hai perso: perché i giovani cristiani lasciano, e ripensano la Chiesa”.
La maggior parte degli abbandoni sono collegati a cambiamenti nella vita; il che può anche far supporre una certa superficialità nell’approccio alla fede. Per esempio, l’ingresso in un college, e di conseguenza l’allontanamento fisico dalla chiesa di appartenenza è stato il motivo dello strappo per un quarto dei giovani.
Il 18 per cento ha dichiarato di non essere d’accordo con “la posizione della Chiesa in temi politici e sociali”; il 16 per cento non voleva identificarsi con una Chiesa, o una religione organizzata; e il 14 per cento non era d’accordo con l’insegnamento della sua Chiesa su Dio. Il 26 per cento trovava che i membri della Chiesa “erano portati a giudicare, o ipocriti”; mentre il 20 per cento non si sentiva “connesso con la gente della mia Chiesa”.
Molti abbandoni, però non sono definitivi; l’abbandono è temporaneo, o parziale. Il 34 per cento di quelli che hanno deciso di tornare afferma “Semplicemente, volevo tornare”; il 28 per cento: “Ho sentito che Dio mi stava chiamando affinché tornassi alla Chiesa”.
(Marco Tosatti, Perché i giovani lasciano, 12.10.11, vaticaninsider.lastampa.it)

Altre osservazioni ricavate dall’indagine:
- Le Chiese hanno un impegno attivo con gli adolescenti, ma dopo la Cresima molti giovani non frequentano più e pochi crescono fino a diventare adulti seguaci di Cristo.
- Le motivazioni per cui le persone abbandonano la Chiesa sono varie e diverse, quindi è importante non generalizzare.
- Le Chiese hanno una certa difficoltà a formare la nuova generazione a seguire Cristo, a causa di una cultura che cambia rapidamente.
Kinnaman ha spiegato, che non si tratta di una differenza generazionale. Non è vero che oggi gli adolescenti sono meno attivi in​​Chiesa che in tempi precedenti. Infatti, circa quattro su cinque adolescenti in America passano una parte della loro infanzia o adolescenza in una congregazione cristiana o in una parrocchia. Quello che succede è che la formazione non è abbastanza profonda e svanisce intorno ai vent’anni.
Sia per i cattolici che per i protestanti la fascia d'età dei ventenni è quella meno impegnata cristianamente, indifferentemente dalla loro precedente esperienza
religiosa.
Il problema principale è la relazione con la Chiesa. Ancor più che una lotta con la loro fede in Cristo, i giovani cessano la loro partecipazione istituzionale.
Un fattore importante che influenza i giovani di oggi è il contesto culturale in cui vivono. Nessun altra generazione di cristiani, ha sostenuto Kinnaman, ha vissuto così profondi e rapidi mutamenti culturali.
Nel corso degli ultimi decenni ci sono stati enormi cambiamenti nei mass media, nella tecnologia, nella sessualità e nell'economia. Ciò ha portato ad un grado molto maggiore di complessità, fluidità e incertezza nella
società.
Tenendo conto di questi cambiamenti Kinnaman ha usato tre concetti per descriverne l’evoluzione:
accesso, alienazione e autorità.Per quanto riguarda l'accesso ha sottolineato che l'emergere del mondo digitale ha rivoluzionato il modo in cui i giovani comunicano tra loro e ottengono informazioni. Ciò ha portato a cambiamenti significativi nel modo in cui la generazione attuale si relaziona, lavora e pensa.
Questo ha un lato positivo, nel senso che Internet e gli strumenti digitali hanno aperto immense opportunità per diffondere il messaggio cristiano. Tuttavia vi è più accesso ad altre visioni culturali e valoriali, con una riduzione della capacità critica di valutazione.
In merito
all'alienazione,
Kinnaman ha osservato che molti adolescenti e giovani adulti soffrono di isolamento nelle loro famiglie, comunità e istituzioni. L’alto numero di separazioni e divorzi e di nascite fuori dal matrimonio, fa sì che sono sempre di più quelli cresciuti in ambiti non tradizionali cioè in contesti dove la struttura familiare era carente.
Secondo Kinnaman, molte Chiese non dispongono di soluzioni pastorali per aiutare in modo efficace coloro che non seguono il tradizionale percorso verso l'età adulta.
Inoltre, molti giovani adulti sono scettici circa le istituzioni che in passato hanno modellato la
società.
Questo scetticismo si trasforma in diffidenza nei confronti dell'
autorità
.
I più intellettuali percepiscono una incompatibilità tra fede e scienza.
Non ultima la percezione che la Chiesa imponga regole repressive per quanto riguarda la morale sessuale. Inoltre le attuali tendenze culturali che enfatizzano la tolleranza e l'accettazione di altri valori e opinioni si scontrano con la pretesa del cristianesimo di possedere verità universali.
Altri giovani cristiani dicono che la loro Chiesa non permette loro di esprimere dubbi. E che le risposte a questi dubbi non sono convincenti.
Kinnaman ha anche scoperto che in molti casi le Chiese non riescono a istruire i giovani in modo sufficientemente profondo. Una fede superficiale lascia gli adolescenti e i giovani adulti con un elenco di credenze vaghe e una incoerenza tra la fede e la loro vita quotidiana. Di conseguenza molti giovani considerano il cristianesimo come noioso e irrilevante. (…)
 

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