giovedì 24 gennaio 2013

Scienza e fede


Per secoli ci hanno fatto credere che la scienza e la fede sono in contraddizione, che non sono conciliabili. La verità è che la fede e la scienza sono due modi fondamentali per conoscere il mondo: la scienza cerca di capire come funziona il mondo, mentre la fede cerca di capire perchè c'è il mondo.
La scienza ci fa conoscere le leggi che governano l'universo in cui viviamo, mentre la fede cerca di dare una interpretazione all'esperienza umana che chiamiamo vita. Scienza e fede non possono essere in contraddizione perchè cercano risposte in ambiti differenti.
Ragione e fede sono dunque due fonti di conoscenza, non identiche né concorrenti: l'una è l'esercizio della nostra intelligenza, l'altra è l'accoglienza della luce che viene dall'alto nel dono della rivelazione. Queste due fonti non si elidono, ma si incontrano, e questo incontro dell'esodo umano e dell'avvento è il pensiero della fede, che fa suo il bagaglio dell'interrogazione filosofica e lo feconda con la parola ascoltata dalla rivelazione.
 
FIGLI DEL CASO o FIGLI DI DIO ?
Fonte: Antonio Socci, Indagine su Gesù, Rizzoli 2008, p.9-20

 
Da dove viene la vita? Secondo Fred Hoyle (noto anticlericale) «le probabilità che un processo spontaneo metta insieme un essere vivente sono analoghe a quelle che una tromba d’aria, spazzando un deposito di robivecchi, produca un Boeing 747 perfettamente funzionante».
Consideriamo il Bing Bang che ha dato origine all’universo. La potentissima esplosione di luce che ha fatto espandere un infinitesimale grumo di pura energia fino alle dimensioni attuali dell’universo è una cosa strepitosamente simile al primo atto della creazione raccontato nella Genesi. Col Bing Bang abbiamo scoperto che il tempo, lo spazio e la materia ebbero origine in quell’istante, circa 15 miliardi di anni fa. Arno Penzias, premio Nobel per la fisica per aver scoperto la radiazione cosmica di fondo (cioè “l’eco del Big Bang”) dice: «Non c’è un “prima” del Bing Bang, perché prima non esistevano tempo, spazio e materia».  Dunque tutto è nato in un preciso istante e da un’origine inafferrabile che sta fuori dal tempo, dallo spazio, dalla materia e dalle leggi fisiche che regolano questo universo.
Guardiamo al perfetto equilibrio fra l’energia di espansione e le forze gravitazionali: se l’energia del Bing Bang fosse stata appena superiore o appena inferiore tutto si sarebbe autodistrutto. Invece era perfetta.
Nota l’astrofisico Marco Bersanelli: «La dinamica dell’intero cosmo fin dai primi momenti appare accuratamente predisposta a generare condizioni favorevoli per accogliere la nostra comparsa ad un certo punto della sua storia».
C’è tutta una serie di coincidenze sorprendenti, quelle che hanno portato alla formazione di un pianeta – la Terra – che incredibilmente, forse da solo, in un immenso abisso inospitale, possiede tutte le eccezionali caratteristiche necessarie, esattamente quelle indispensabili, per permettere lo sbocciare della vita. Schroeder, analizzando una per una queste incredibili peculiarità, scrive: «E’ come se la Terra fosse stata fabbricata su ordinazione per ospitare la vita».
Vediamone solo qualcuna: la distanza ottimale dal Sole (bastava essere appena più vicini o appena più lontani e la vita sarebbe stata impossibile); l’orbita perfetta (se fosse stata più ellittica, come quella di Marte, non ci sarebbe stata vita). Inoltre il “caso” ha voluto che i gas vulcanici permettessero il formarsi dell’atmosfera e degli oceani. E sempre per lo stesso fortunatissimo “caso” l’atmosfera della Terra ha uno strato di ozono che protegge da radiazioni letali, ma fa passare la luce e il calore necessari alla vita. E per un’altra fantastica “casualità”, al centro della Terra, si trova quella massa di piombo fuso che provvidenzialmente protegge la vita del pianeta da altre radiazioni devastanti e ci permette di vivere sotto un vero e proprio ombrello magnetico.
Del resto, anche dopo aver azzeccato alla lotteria tutti questi fortunatissimi numeri, al “caso” si sarebbe infine presentato il compito più arduo, quello statisticamente impossibile: riuscire a far nascere, da reazioni chimiche casuali, la prima, la più elementare, forma di vita sulla terra. Jacques Monod, nel libro Il caso e la necessità, nota: «La vita è comparsa sulla terra, ma prima di quell’avvenimento…la sua probabilità era quasi nulla». Era una eventualità statisticamente remotissima, pressoché prossima allo zero.
Immaginiamo di trovare un giorno incisa in una caverna l’intera Divina Commedia. Se qualcuno affermasse che quelle lettere sono segni formatisi casualmente per l’azione del vento, dell’acqua e dei minerali certo sarebbe accolto con una risata. E’ ovviamente impossibile. Del tutto inverosimile. Eppure un semplice organismo unicellulare «ha un contenuto di informazioni equivalente a cinquemila volte l’intera Divina Commedia». Dunque come può essersi formata per caso la prima cellula vivente? (…) E come si può immaginare che si siano strutturati e plasmati per caso esseri viventi incommensurabilmente più complessi degli organismi unicellulari? La complessità di una formica appare vertiginosa e inimmaginabile. E la formica è ancora poca cosa.
L’essere umano è un’entità fisico-intellettuale immensamente più raffinata di qualsiasi computer esistente (che, non a caso, è un prodotto dell’uomo). Eppure non si ritiene assurdo affermare che questo perfetto organismo è stato elaborato e realizzato dal caso.
Il cervello umano, afferma Owen Gingerich, professore di astronomia e storia della scienza dell’università di Harvard, «è di gran lunga il più complesso oggetto fisico a noi noto nell’intero cosmo. Dei grosso modo 35 mila geni codificati dal DNA nel genoma umano, ben la metà trova espressione nel cervello. Sempre nel cervello vi sono circa cento milioni di neuroni, cellule nervose interconnesse l’una con l’altra in maniera estremamente intricata».
Si dovrebbe spiegare come sia possibile che dal caos primordiale sia stata plasmata per caso una entità così eccezionale, di inaudita complessità, quando neanche un infimo organismo unicellulare poteva statisticamente essere prodotto casualmente.


La teoria del “Big Bang” contraddice la Bibbia?
Fonte: www.aleteia.org 
Chi ricorda ancora che è stato padre Georges Lemaître(1894-1966), un gesuita, astrofisico e matematico belga, a dare vita alla famosa teoria del Big Bang?  Eppure fu lui ad elaborare un modello relativista dell’universo in espansione (1927), formulando la prima teoria cosmologica secondo cui l’Universo primitivo è entrato in espansione a seguito di un’esplosione.  Il sacerdote gesuita arrivò a sostenere che originariamente l'Universo doveva essere concentrato in un “atomo primordiale” estremamente caldo e condensato, tanto che in seguito è esploso ed ha cominciato ad espandersi creando galassie e poi stelle. La teoria di Lemaître venne in seguito denominata, ironicamente, teoria del Big Bang nel 1950 dall'astronomo britannico Fred Hoyle, il quale era a favore del modello stazionario, ovvero riteneva che l’Universo fosse sempre identico a se stesso. Albert Einstein rimase così affascinato da questa esposizione che giunse persino ad affermare che: “Chiunque non sia in grado, davanti all’immensità e allo splendore dell’universo, di provare nel più profondo della propria anima un sentimento di ammirazione nei confronti dell’Essere Superiore, autore di tutto questo, non è degno di essere definito Essere Umano”.
 Dal momento in cui padre Lemaître rese pubbliche le sue teorie, nel 1927, alcuni astrofisici guidati da Fred Hoyle, iniziarono a criticare questa teoria e ad accusare il prete cattolico di concordismo, cioè di voler mescolare l'approccio scientifico al fine di sostenere gli insegnamenti della Bibbia.  La spiegazione fornita dalla scienza sull’origine dell’Universo e quella fornita dalla Bibbia sono di ordine diverso, ma la teoria del Big Bang è conforme alla Rivelazione contenuta nelle Sacre Scritture, secondo cui Dio ha creato l’Universo ex-nihilo (dal nulla).
 (…) La teoria del Big Bang venne accolta da subito con grande entusiasmo all’interno della Chiesa, tanto che nel discorso pronunciato nel 1951 davanti alla Pontificia Accademia delle Scienze, papa Pio XII dichiarò: “Pare davvero che la scienza odierna, risalendo d'un tratto milioni di secoli, sia riuscita a farsi testimone di quel primordiale Fiat lux allorché dal nulla proruppe con la materia un mare di luce e di radiazioni, mentre le particelle degli elementi chimici si scissero e si riunirono milioni galassie”. Lemaître tuttavia tenne a distinguere sin dall'inizio il metodo scientifico da quello teologico e ad evitare che il concetto scientifico legato all'inizio fisico e naturale dell'Universo venisse confuso con il concetto teologico di “creazione”. D'altronde già la ricostruzione del passato biologico della terra secondo Darwin convinsero molti teologi che la verità del racconto biblico non andava sempre ricercata nella semplice trasposizione dei fatti narrati sul piano della realtà storica.
(…) Nel 1893, Leone XIII  aveva ricordato che i cattolici non sono tenuti a credere che l'attività creativa di Dio si sia svolta nell'arco temporale di 6 giorni, in quanto gli autori divinamente ispirati dalla Sacre Scritture, quando trattano argomenti propri della scienza sperimentale, non sempre usano scrupolosamente la proprietà del linguaggio scientifico.

Osservava Leone XIII:  gli scrittori sacri, o più giustamente 'o Spirito di Dio che parlava per mezzo di essi, non intendeva ammaestrare gli uomini su queste cose, che non hanno importanza alcuna per la salvezza eterna, per cui essi più che attendere direttamente all'investigazione della natura, descrivevano e rappresentavano talvolta le cose con una qualche locuzione metaforica, o come lo comportava il modo comune di parlare di quei tempi ”.
(…) Ad escludere una interpretazione iperletterale del racconto biblico è lo stesso libro della Genesi che al capitolo 2 propone un secondo resoconto relativo ai primi tempi della creazione che in qualche modo inverte l'ordine delle cose create: stavolta l'uomo appare come prima opera della creazione, dopo il cielo e la terra, e senz'altro prima di ogni forma di vegetazione. A questo proposito S. Agostino spiegava che i due racconti della creazione, come ogni altro versetto delle Sacre Scritture, sono entrambi veri e che l'insegnamento contenuto in essi, al di là dell'incongruenza del senso
letterale, non può consistere nel volerci svelare il preciso ritmo spazio-temporale del respiro creativo di Dio.
Anche e soprattutto sulla questione dell'origine della vita, quindi, scienza e fede non sono affatto in conflitto ma possono fecondarsi a vicenda, attraverso la mediazione della filosofia, ferme restando però le rispettive autonomie e i diversi ambiti di ricerca. (…)

Vedi anche:

TRA FEDE E SCIENZA Owen Gingerich, astronomo dell’Università di Harvard, spiega perché la visione di un mondo frutto del caso ha in sé qualcosa di assurdo. Sulla scia di Keplero, Galileo, Newton e altri teorici del cosmo

Impronte digitali di Dio nel cosmo  Di Luigi Dell'Aglio  (dall’Avvenire, 21.09.2007)

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