martedì 19 febbraio 2013

VATILEAKS


Il nome "Vatileaks", con il quale è noto questo scandalo, è stato coniato per la prima volta in ambito giornalistico e si rifà idealmente a Wikileaks, organizzazione internazionale dedita alla pubblicazione di materiale coperto da anonimato o da segreto, che nel 2010 pubblicò online un gran numero di documenti, causando la più grossa fuga di informazioni riservate mai avvenuta nella storia.

Nel corso dei primi mesi del 2012 si è verificata una sistematica fuga di documenti riservati vaticani riguardanti i rapporti all'interno e all'esterno della Santa Sede. Tali documenti hanno, tra l'altro, portato ad evidenza le lotte di potere all'interno del Vaticano e alcune irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato e nell'applicazione delle normative antiriciclaggio.

Il 25 maggio 2012, a pochi giorni dalla pubblicazione del libro Sua Santità di Gianluigi Nuzzi, riportante al suo interno molti dei documenti privati del Papa trapelati, Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, annuncia che la Gendarmeria Vaticana, la sera precedente, ha trovato un uomo in possesso di carteggi riservati del Papa e ha proceduto al suo interrogatorio e al suo fermo. L'uomo, risultato essere Paolo Gabriele, maggiordomo privato del Papa dal 2006, una delle persone a lui più vicine, è stato poi arrestato con l'accusa di furto aggravato. Si è trattato del primo arresto in assoluto operato dalla Gendarmeria Vaticana. Ha peraltro destato attenzione il fatto che tale arresto si sia verificato il giorno stesso dell'allontanamento di Ettore Gotti Tedeschi dall'Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana.

Sì, gli scandali assediano il papa ma la fede risorgerà 

Intervista al gesuita padre Bartolomeo Sorge di Luigi Irdi, IL VENERDÌ DI REPUBBLICA, 13.7.12


È un periodaccio per la Chiesa, che ne dice padre?
«Voi giornalisti correte sempre il rischio di confondere la cronaca con la storia. La cronaca si brucia in un giorno».
Considerato che Bartolomeo Sorge ha diretto, per dodici anni, la rivista dei Gesuiti Civiltà Cattolica, per poi fondare il centro di formazione politica Pedro Arrupe di Palermo e passare, infine, a Milano alla direzione del mensile Aggiornamenti sociali, di giornalisti e politica si intende e dunque non resta che accogliere la reprimenda.
Sui giornalisti forse ha ragione, padre, ma la gente legge i giornali, non i libri di storia della Chiesa, e si chiede cosa succede in Vaticano.
«La via della Chiesa è fatta anche di cronaca e la cronaca risente delle miserie umane. Lo spiega il Vangelo che grano e zizzania crescono insieme. Poi arriverà la mietitura».
Lei filosofeggia. Intanto in Vaticano se ne vedono di tutti i colori.
«S'è visto anche di peggio. Perfino Gesù fu venduto da uno dei suoi apostoli per trenta denari, il prezzo di un bue. Figuriamoci. E Pietro? Fu il primo papa, la roccia su cui fondare la Chiesa. Eppure rinnegò Cristo tre volte in tre minuti».
Fu un buon inizio, non c'è che dire.
«Veniamo ai nostri giorni. Possiamo denunciare l'immoralità di chi ha svelato cose segrete. Ma dovremmo vergognarci soprattutto che certe cose siano accadute e chiedere pubblicamente perdono. Come fece Gesù una volta risorto. Più che prendersela con Pietro, ha pensato a lavare il male e lo scandalo con la richiesta pubblica di perdono. A volte, per scherzare, dico che al posto di Gesù io avrei Pietro nominando papa San Giovanni. Pietro l'avrei magari fatto economo del Collegio Apostolico».
Gli avrebbe messo in mano lo Ior?
«Ricambio la battuta con un aneddoto. Giovanni Spadolini una volta mi chiese: tramontano gli imperi e le ideologie, eppure la Chiesa torna giovane in ogni secolo. Perché? Non si può prescindere, nel misurare la Chiesa, dalla sua dimensione trascendente, dalla presenza immanente di Cristo».
Ma in Vaticano c'è la guerra totale.
«Non ci sarà mai, né ora né poi, la Chiesa dei soli puri. Scopriamo che all'interno della Curia romana esistono realtà che non dovrebbero esistere. Che scandalizzano e tolgono credibilità alla Chiesa. Ma non si può ignorare l'esistenza dei Santi nella Chiesa, che non mancano mai. Ecco perché bisogna guardare oltre».
Oltre dove?
«Tutte le volte che la Chiesa diventa ricca, potente, piena di privilegi o insegue valori che non appartengono al Vangelo, arriva una crisi terribile. È la crisi della purificazione. Avviene che la Chiesa torna minoranza, viene perseguitata, torna povera e le parrocchie si svuotano. Ma non bisogna perdersi d'animo».
È scoccata l'ora della grande purificazione?
«Sì. È la vigilia del rinnovamento. Il Concilio lo ha detto con chiarezza. La forza della Chiesa non è nei privilegi. Non è nella commistione tra trono e altare, tra spada e crocifisso, politica e fede. Il guaio è che si continua a pensare con le categorie della vecchia cristianità, come se il mondo non fosse cambiato e la Chiesa non fosse cresciuta».
Un momento delicato. Lei sa che molte voci reclamano un nuovo impegno dei cattolici in politica.
«Il grande pericolo è di non accettare il rinnovamento. I cattolici devono cambiare radicalmente il modo di stare nella politica della società secolarizzata e globalizzata e assumersi le proprie responsabilità. Per essere chiari, non tocca ai vescovi dire come i politici devono votare in Parlamento. Il cristiano in politica deve cercare insieme con gli altri soluzioni che siano valide in sé e laiche, condivisibili quindi da credenti e non credenti. Qui è la sfida. Non nel proporre programmi di tipo confessionale».
Una nuova mediazione tra ispirazioni cristiane e politica. E chi sarebbero i protagonisti di questo rinnovamento? I Formigoni a Milano? I Casini a Roma? Magari i boy scout come Luigi Lusi, tesoriere della Margherita che ruba 25 milioni di euro al partito?
«Questi nomi non sono il nuovo che nasce, sono il vecchio che muore».
Ah, però! Saranno contenti di sentirselo dire.
«Non ci sono uomini per tutte le stagioni. Ne servono di nuovi. Quella che viviamo è una crisi strutturale di civiltà. Non possiamo accontentarci di ringiovanire culture vecchie. Servono sintesi innovative, un nuovo ethos sociale e politico».
Il suo ottimismo disarma.
«Guardi che è già successo. Come hanno fatto De Gasperi, Togliatti, La Malfa, Nenni, Lazzati e Dossetti, a trovare un accordo sui grandi principi della Costituzione? Venivano da tradizioni culturali diverse e hanno trovato una sintesi unitaria, pur rimanendo diversi».
Il Paese, dopo il fascismo e la guerra, era un cumulo di macerie. Tutto era molto più urgente.
«Ah sì? E secondo lei oggi non viviamo una situazione di urgenza? Ma si guardi in giro! È crollato tutto. Sono al capolinea sia il socialismo, sia il capitalismo finanziario, e anche l'idea di una nuova cristianità. Serve un uovo umanesimo, un'idea forte di coesistenza dei singoli nella ricchezza delle differenze umane e ideali. Questa è la sfida del XXI secolo». (…)

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