lunedì 4 marzo 2013

CHIESA e PEDOFILIA


Chiesa perseguitata e chiesa infedele. Riflessioni in margine allo scandalo della pedofilia

Tempi difficili per la Chiesa, ma quali non lo sono stati?
Da sempre la Chiesa si è dovuta confrontare con nemici e denigratori, persecutori ed indifferenti. Da sempre, già ai tempi di Gesù, ha dovuto fare i conti con l’infedeltà, il tradimento e l’ipocrisia di chi ne fa parte.
Anche lo scandalo della pedofilia si gioca su questi due fronti: quello della Chiesa perseguitata e quello della Chiesa infedele e peccatrice.
E’ indubbio che i “nemici” della Chiesa si trovino, anche in questo caso, fuori e dentro la Chiesa stessa: sono presenti tra gli operatori dei mass-media che hanno gonfiato a dismisura questo scandalo fino a cercare, in tutti i modi, di coinvolgere lo stesso Pontefice. Come mai, dovremmo chiederci, ci si accanisce in questo modo e quasi esclusivamente sulla Chiesa, quando solo una piccola percentuale di essa (anche se enorme è il crimine commesso) è coinvolta da tali scandali e la stragrande maggioranza è sempre in prima linea lì dove l’umanità è malata, ferita, offesa, perseguitata ed oppressa? Come mai solo la Chiesa è processata sommariamente dai mass-media quando percentuali ben più significative e gravi di abusi riguardano gli operatori scolastici e, in particolare, gli stessi familiari?
Si evidenzia la grave responsabilità di chi, avendo autorità su quei sacerdoti, ha forse cercato di nascondere i criminali limitandosi a spostarli di sede, ma si dimentica che la responsabilità giuridica è primariamente dello Stato e del singolo prete-criminale e che spesso è proprio lo Stato a non trovare prove di colpevolezza.
I “nemici” della Chiesa li troviamo inoltre tra i politici e gli uomini di cultura che non accettano di ricevere lezioni morali dalla Chiesa, l’unica spesso a mettere dei paletti e ad indicare dei valori che sembrano limitare la “libertà” del singolo. Infangano l’avversario cercando così di annullare il valore di parole fastidiose ed esigenti.
I “nemici” sono presenti in mezzo alla gente semplice, frastornata da ciò che vede e sente, incapace di andare oltre a pregiudizi e condanne sommarie. Si arriva così anche agli urli e insulti subiti durante l’ultima via crucis all’aperto (il 26 marzo) quando da un palazzo è giunto il grido “pedofili” o quando si arriva ad etichettare i cristiani come “amici dei pedofili”.
Sia chiaro: i peggiori “nemici” sono nella Chiesa stessa e sono coloro che tradiscono Cristo seguendo istinti criminali, dando sfogo ad impulsi malati, commettendo delitti odiosi e terribili.
Deve essere fatta giustizia, certo, ma ci si può fermare a questo. Gesù ci ha lasciato un grande insegnamento riguardo ai nemici: pregare per loro e perdonarli “perché non sanno quello che fanno”. E quante volte queste persone criminali sono state a loro volta vittime di carnefici che le hanno rese persone malate.
Quella che stiamo vivendo è una grande lezione di umiliazione e di possibile purificazione, una lezione talmente preziosa da rendere accettabili e ricchi di speranza anche questi tempi duri.
p.Stefano Liberti
 
Sono un prete stufo di fango
di Maurizio Patriciello, Avvenire 23.1.11
La satira tv che ferisce 
Sono un prete. Un prete della Chiesa cattolica. Uno dei tanti preti italiani. Seguo con interesse e ansia le vicende del mio Paese. Non avendo la bacchetta magica per risolvere i problemi che affliggono l’Italia, faccio il mio dovere perché ci sia in giro qualche lacrima in meno e qualche sorriso in più. Sono un uomo che come tanti lotta, soffre, spera. Che si sforza ogni giorno di essere più uomo e meno bestia. Sono un uomo che rispetta tutti e chiede di essere rispettato. Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Da nessuno. Inutilmente. Pubblicamente. Vigliaccamente. Sono un prete che lavora e riesce a dare gioia, pane, speranza a tanta gente bistrattata, ignorata, tenuta ai margini. Un prete che ama la sua Chiesa e il Papa. Un prete che non vuole privilegi e non pretende di far cristiano chi non lo desidera, che mai si è tirato indietro per dare una mano a chi non crede. (…)
Sono un prete che si arrabbia per le inefficienze dello Stato ai danni dei più deboli e indifesi. Che organizza doposcuola per bambini che la scuola non riesce ad interessare e paga le bollette di luce e gas perché le case dei poveri non si trasformino in tuguri. Sono un prete, non sono un pedofilo. So che al mondo ci sono uomini che provano interesse per i bambini e, in quanto uomo, vorrei morire dalla vergogna. So che costoro sono molti di più di quanto credono gli ingenui. So anche che poco o nulla finora è stato fatto per tentare di capire e curare codesta maledizione. Piaga purulenta la pedofilia. Spaventosa. Crudele. Vergognosa. Tra coloro che si sono macchiati di codesto delitto ci sono padri, zii, nonni, professionisti, operai, giovani, vecchi e anche preti. Trasmissione Annozero di Michele Santoro. Tantissimi italiani guardano il programma. Alla fine esce, come al solito, il signor Vauro con le sue vignette che dovrebbero far ridere tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti innocenti. Ma non si deve dire. È politicamente scorretto. È la satira. Il nuovo idolo davanti al quale inchinarsi. La satira, cioè il diritto dato ad alcuni di dire, offendere, infangare, calunniare gli altri senza correre rischi di alcun genere. Una vignetta rappresenta il Santo Padre che parlando di Berlusconi dice: «Se a lui piacciono tanto le minorenni, può sempre farsi prete». Gli altri, compreso Michele Santoro, ridono. Che cosa ci sia da ridere non riesco a capirlo. Ma loro sono fatti così, e ridono. Ridono di un dramma atroce e di innocenti violentati. Ridono di me e dei miei confratelli sparsi per il mondo impegnati a portare la croce con chi da solo non ce la fa. Ridono sapendo che tanta gente davanti alla televisione in quel momento si sente offesa in ciò che ha di più caro e soffre. (…) Vado a letto deluso e amareggiato, sempre più convinto che con la calunnia e la menzogna non si potrà mai costruire niente di nuovo e stabile. Spero solo che  in Italia ci sia più di qualcuno che comincia a farsi avanti e, senza ridere, dice chiaro e tondo che non si può continuare a infangare impunemente quegli onesti cittadini dell’Italia e del mondo che sono i preti.
Abusi sessuali e celibato
Silvano Fausti S.I., Biblista e scrittore, www.popoli.info/ maggio 2010
Caro padre Silvano, vorrei chiederle cosa ne pensa degli abusi sessuali commessi da uomini di Chiesa. Soprattutto, poiché molti tirano in ballo la questione del celibato dei sacerdoti, vorrei leggere la sua opinione in merito a questo tema così delicato. Il celibato dei sacerdoti, se non sbaglio, non è una cosa voluta espressamente da Gesù, né un dogma della Chiesa. Quale può essere, nel 2010, il suo valore e quali possibilità ci sono che la Chiesa cambi posizione su questo?
È bene che siano denunciati e perseguiti gli abusi sessuali. È un errore nasconderli per non scandalizzare. Lo scandalo non è che vengano alla luce, ma che ci siano e vengano occultati. Il diavolo, si sa, fa pentole, ma non coperchi.
La presa di posizione del Papa, molto forte, era necessaria. Se ci fosse stata prima, si sarebbe diffusa meno la peste, con relativa strage di innocenti. Per non soccombere al male, innanzi tutto bisogna riconoscerlo e denunciarlo come tale. Inoltre vanno risarcite le vittime e il malfattore va messo in situazione di non nuocere, aiutandolo a recuperarsi. Chi fa il male, l'ha anche in qualche modo subito: chi sta bene, fa male a nessuno.
Nella mia esperienza non ho incontrato direttamente casi di abusi sessuali da parte di religiosi. Ne ho invece incontrati molti consumati dentro le mura di casa. Di questi si parla poco; non sono pubblici e restano sommersi. E non sono meno gravi, perché toccano le relazioni più sacre.
La selezione dei candidati al sacerdozio deve essere più severa, scartando persone scompensate. Pure la loro formazione nei seminari è da ripensare, se si vogliono persone serene e responsabili, con maturità affettiva e umanità meno repressa e più ricca.
Il celibato, per sé, non ha a che fare con gli abusi sessuali. Certo non è un dogma né può essere imposto senza danni collaterali. Introdotto in Spagna nel IV secolo, si diffuse, pur tra contrasti, nel mondo latino e fu sancito solo nel 1123. Un clero sposato ha sempre convissuto - e tuttora convive nelle Chiese orientali anche cattoliche - con la scelta celibataria propria dei monaci. Il celibato può solo essere una libera scelta come testimonianza del Regno, secondo il comandamento, valido per tutti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore» (Mc 12,30s). Ogni uomo è partner di Dio, chiamato a rispondere al suo amore con amore: solo così ama veramente se stesso e l'altro come se stesso. L'amore, di sua natura assoluto, è per Dio, unico assoluto. Qualcuno, se può e vuole, è chiamato a testimoniarlo con cuore indiviso (1Cor 7,32s); tutti però siamo chiamati a viverlo con il prossimo, in particolare nella relazione di coppia, che è immagine e somiglianza di Dio (Gn 1,27). Per questo il matrimonio è un grande mistero (Ef 5,32), riflesso della fedeltà del Dio-amore. All'obiezione di Pietro che, se è così, non vale la pena di sposarsi, Gesù risponde: «Vi sono eunuchi nati così dal seno materno, altri che sono stati resi tali dagli uomini e altri che si sono fatti tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» (Mt 19,10-12). I primi non possono sposarsi; i secondi, per problemi sopraggiunti, non sono in grado di reggere un rapporto di coppia. I terzi, pur in grado di sposarsi, vi rinunciano per una scelta particolare. A questi è possibile un celibato sano e positivo.
In questa luce è da rivedere la disciplina del celibato imposto ai sacerdoti. I vari ministeri nella Chiesa vanno sempre riformati, perché siano adeguati al loro fine, che è servire il sacerdozio, la libertà e la profezia comune del popolo di Dio. I ministri sposati - in particolare la presenza della donna - sono certamente un arricchimento. E non solo per uscire da ambiguità pericolose e ovviare alla scarsità di preti, ma anche per avere una comunità cristiana più adulta e meno clericale.

1 commento:

  1. ...un lungo (e riciclato) articolo soltanto per difendere l'indifendibile.

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