venerdì 7 ottobre 2016

Lo Spirito Santo, "perfetto sconosciuto"

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.105, 10/05/2016)

Un perfetto sconosciuto se non addirittura «un prigioniero di lusso»: ecco cos’è lo Spirito Santo per i molti cristiani ignari che è lui a «muovere la Chiesa», portandoci a Gesù, e a renderci «reali» e «non virtuali». L’incoraggiamento a riflettere sul ruolo centrale che ha lo Spirito Santo nella vita dei credenti, proprio nella settimana che precede la Pentecoste, è stato al centro dell’omelia di Papa Francesco durante la messa di lunedì mattina 9 maggio nella cappella della Casa Santa Marta.
Per la sua riflessione, nell’omelia, il Papa ha preso le mosse dal passo tratto dagli Atti degli apostoli (19, 1-8). Paolo incontra a Efeso alcuni discepoli che credevano in Gesù e fa loro questa domanda: «Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando siete venuti alla fede?». E loro, dopo essersi guardati un po’ stupiti, gli hanno risposto: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo!». Dunque, ha fatto notare il Papa, «credevano in Gesù, erano discepoli buoni, ma neppure avevano sentito che esistesse lo Spirito Santo».
Paolo riprende subito il dialogo domandando quale battesimo avessero ricevuto. E i discepoli: «Quello di Giovanni». Così Paolo spiega loro che «quello era un battesimo di penitenza, di preparazione». Ascoltando Paolo, i discepoli di Efeso «si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù». Si legge negli Atti: «E, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetizzare». Dunque, ha spiegato il Papa, «è un cammino: il cammino di conversione, ma mancava il battesimo e poi l’imposizione delle mani, perché venisse lo Spirito Santo».
«Anche oggi accade lo stesso» ha affermato il Pontefice. «La maggioranza dei cristiani» sa poco o nulla sullo Spirito Santo, tanto da poter fare propria la risposta dei discepoli di Efeso a Paolo: «Non abbiamo sentito dire che esista uno Spirito Santo». E se noi domandiamo a tante brave persone: «chi è lo Spirito Santo per te?» e «cosa fa e dov’è lo Spirito Santo?», l’unica risposta sarà che è «la terza persona della Trinità». Esattamente come hanno imparato a catechismo. Certo, «sanno che il Padre ha creato il mondo, perché la creazione è attribuita al Padre». E sanno anche che «il Figlio è Gesù, che ci ha redento e ha dato la vita». Dunque «ti dicono tutto, ma poi», riguardo allo Spirito Santo, sanno che è sì «la terza persona della Trinità», ma se gli chiedi: «cosa fa?», ti rispondono che «è lì!». E «così si fermano i nostri cristiani».
«Lo Spirito Santo — ha spiegato Francesco — è quello che muove la Chiesa; è quello che lavora nella Chiesa, nei nostri cuori; è quello che fa di ogni cristiano una persona diversa dall’altra, ma da tutti insieme fa l’unità». Dunque, ha proseguito, lo Spirito Santo «è quello che porta avanti, spalanca le porte e ti invia a dare testimonianza di Gesù».
All’inizio della messa, ha ricordato il Pontefice, nell’antifona d’ingresso è stato detto: «Riceverete lo Spirito Santo e mi sarete testimoni in tutto il mondo». Ecco che «lo Spirito Santo è quello che ci muove a lodare Dio, ci muove a pregare: “Prega, in noi”». Lo Spirito Santo «è quello che è in noi e ci insegna a guardare il Padre e a dirgli: “Padre”». E così «ci libera da questa condizione di orfano nella quale lo spirito del mondo vuole portarci». Per tutte queste ragioni, ha spiegato, lo Spirito Santo «è tanto importante: è il protagonista della Chiesa viva: è quello che lavora nella Chiesa».
A questo punto, il Pontefice ha messo in guardia da un pericolo: «Quando non siamo all’altezza di questa missione dello Spirito Santo e non lo riceviamo così», si finisce per «ridurre la fede a una morale, a un’etica». E si pensa che adempiere a tutti i comandamenti sia abbastanza, «ma niente di più». E così ci diciamo: «questo si può fare, questo non si può fare; fino a qui sì, fino là no!», cadendo nella «casistica» e in «una morale fredda». Però, ha ricordato il Papa, «la vita cristiana non è un’etica: è un incontro con Gesù Cristo». E «chi mi porta a questo incontro con Gesù Cristo» è proprio lo Spirito Santo.
Così «noi, nella nostra vita, abbiamo nel nostro cuore lo Spirito Santo come un “prigioniero di lusso”: non lasciamo che ci spinga, non lasciamo che ci muova». Eppure «fa tutto, sa tutto, sa ricordarci cosa ha detto Gesù, sa spiegarci le cose di Gesù». C’è soltanto una cosa che «lo Spirito Santo non sa fare: cristiani da salotto. Questo non lo sa fare! Non sa fare “cristiani virtuali”, non virtuosi». Al contrario, «fa cristiani reali: lui prende la vita reale così com’è, con la profezia del leggere i segni dei tempi, e ci porta avanti così». Per questo «è il grande “prigioniero del nostro cuore” e noi diciamo che è la terza persona della Trinità e finiamo lì».
«Questa settimana — ha suggerito Francesco — ci farà bene riflettere su cosa fa lo Spirito Santo nella nostra vita». Per aiutare questo esame di coscienza il Pontefice ha proposto alcune domande dirette: «Mi ha insegnato la strada della libertà? L’ho imparata da lui? Ma che libertà? Quale libertà? Lo Spirito Santo, che è in me, mi spinge ad andare fuori: ho paura? Come è il mio coraggio, quello che mi dà lo Spirito Santo, per uscire da me stesso, per testimoniare Gesù? Come va la mia pazienza nelle prove? Perché anche la pazienza la dà lo Spirito Santo».
Proprio «in questa settimana di preparazione alla solennità di Pentecoste», il Papa ha invitato i cristiani a chiedersi se davvero credono allo Spirito Santo oppure per loro è solo «una parola». E «cerchiamo — ha esortato — di parlare con lui e dire: “Io so che tu sei nel mio cuore, che tu sei nel cuore della Chiesa, che tu porti avanti la Chiesa, che tu fai l’unità fra tutti noi, ma diversi tutti noi, nella diversità di tutti noi». L’invito è a «dirgli tutte queste cose e chiedere la grazia di imparare, ma praticamente, nella mia vita, cosa fa lui». È «la grazia della docilità a lui, essere docile allo Spirito Santo: questa settimana facciamo questo, pensiamo allo Spirito e parliamo con lui».

Papa Francesco: Vite a metà
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE
Giovedì, 6 ottobre 2016

La nostra «è una vita a metà»? Una vita che ignora la forza dello Spirito Santo? O siamo capaci aprirci a questo «grande dono del Padre»? Sono le domande sollevate da Papa Francesco nel corso della messa celebrata a Santa Marta giovedì 6 ottobre. Filo conduttore è stata, infatti, una riflessione sullo Spirito Santo suggerita dalle letture del giorno: il passo della lettera ai Galati (3, 1-5), dove nelle parole di san Paolo si incontra una «discussione teologica» dedicata allo Spirito, che è «difficile da seguire»; e il brano del Vangelo di Luca (11, 5-13), nel quale s’incontra quella che il Pontefice ha definito una «sorpresa»: una parabola, nella quale Gesù «parla della preghiera e alla fine dice: Chiedete e vi sarà dato. Vi sarà dato lo Spirito, lo Spirito Santo come grande dono».

Proprio da qui è scaturita la prima indicazione di Francesco, che ha voluto sottolineare come lo Spirito Santo sia «la promessa di Gesù» nell’Ultima cena e il «gran dono del Padre», come si legge nella parabola: «Il vostro Padre vi darà lo Spirito». Uno Spirito che è «anche la forza della Chiesa». Non a caso, ha fatto notare il Papa, «quando ancora lo Spirito non era venuto e Gesù era asceso al cielo, erano tutti rinchiusi, nel Cenacolo; un po’ di paura avevano e non sapevano cosa fare». Invece, «dal momento in cui viene lo Spirito, la Chiesa si apre, esce, va avanti e la parola del Signore arriva sino ai confini della terra».

Perciò, ha detto il Pontefice concludendo questo primo ragionamento, lo Spirito Santo è «il protagonista della Chiesa», è «il protagonista di questo andare avanti della Chiesa»: senza di lui c’è «chiusura, paura», con lui c’è «coraggio».

Nel passaggio successivo della meditazione si è aggiunta la provocazione per ogni cristiano: «Com’è il nostro atteggiamento con lo Spirito, come noi viviamo con lo Spirito»?

Il Papa ha ipotizzato tre possibili risposte. La prima richiama l’atteggiamento che era dei Galati a cui parlava san Paolo. «È vero — ha detto il Pontefice — che tutti noi abbiamo ricevuto la legge, ma dopo la legge il Signore ci giustifica con la grazia, con suo figlio morto e risorto». Ci è stato dato, cioè, «qualcosa di più della legge», ovvero Gesù «che dà senso alla legge». Eppure quei Galati, anche se avevano creduto in Gesù crocifisso, «poi hanno sentito alcuni teologi che dicevano loro: “No, no! La legge è la legge! Quello che ti giustifica è la legge”». E così «lasciavano Gesù Cristo da parte». In pratica, erano «troppo rigidi» e «per loro quello che contava di più era la legge: si deve fare questo, si deve fare quest’altro...». Sono lo stesso tipo di persone che attaccavano Gesù e che egli definiva «ipocriti».

Cosa accade in chi ragiona in questo modo? «Questo attaccamento alla legge fa ignorare lo Spirito Santo» e non lascia «che la forza della redenzione di Cristo proceda per opera dello Spirito». Ora, ha specificato il Pontefice, è vero che «ci sono i comandamenti e noi dobbiamo seguire i comandamenti», ma sempre a partire «dalla grazia di questo dono grande che ci ha dato il Padre». Solo così si capisce davvero la legge, e non riducendo «lo Spirito e il Figlio alla Legge».

Proprio questo, ha spiegato il Papa, «era il problema di questa gente: ignoravano lo Spirito Santo e non sapevano andare avanti. Erano chiusi, chiusi nelle prescrizioni: si deve fare questo, si deve fare quell’altro». Ed è la stessa tentazione nella quale può cadere ogni cristiano: quella di «ignorare lo Spirito Santo».

C’è poi, ha continuato Francesco, un secondo atteggiamento, ed è quello che porta a «rattristare» lo Spirito Santo. In questo senso «Paolo agli Efesini dice: “Per favore, non rattristate lo Spirito Santo!”». Ma quand’è che accade questo? Quando, ha affermato il Papa, «non lasciamo che lui ci ispiri, ci porti avanti nella vita cristiana; quando diciamo: “Sì, sì, c’è lo Spirito che dà senso alla mia vita”, ma non lasciamo che lui ci dica – e non con la teologia della legge, ma con la libertà dello Spirito – cosa dobbiamo fare». Accade allora che «non sappiamo con quale ispirazione facciamo le cose e diventiamo tiepidi». In definitiva, questa è «la mediocrità cristiana», che si verifica quando si impedisce allo Spirito di realizzare «la grande opera in noi».

Quindi, il primo atteggiamento è quello di «ignorare lo Spirito Santo». È quello dei dottori della legge che, ha sottolineato il Pontefice, «incantano con le idee, perché le ideologie incantano». San Paolo chiede infatti: «Stolti Galati, chi vi ha incantati?». Ma è un richiamo che vale anche per tutti coloro che si fanno abbindolare da «quelli che predicano con ideologie» e lasciano intendere che per loro è tutto chiaro. Invece, ha spiegato Francesco, se è vero che la rivelazione di Dio «è chiarissima», è anche vero che «dobbiamo trovarla in cammino»; e «quelli che credono» di avere «tutta la verità in mano sono ignoranti».

In secondo luogo, si corre il rischio di rattristare lo Spirito Santo. Infine c’è «il terzo atteggiamento», ed è quello di «aprirsi allo Spirito Santo e lasciare che lo Spirito ci porti avanti». È quanto è accaduto agli apostoli che nel giorno di Pentecoste «hanno perso la paura e si sono aperti allo Spirito Santo». È proprio questo che viene sottolineato anche dal canto al Vangelo della liturgia del giorno: «Apri, Signore, il nostro cuore e accoglieremo le parole di tuo Figlio». Ha spiegato il Papa: «Per capire, per accogliere le parole di Gesù è necessario aprirsi alla forza dello Spirito Santo. E quando un uomo, una donna, si apre allo Spirito Santo, è come una barca a vela che si lascia trascinare dal vento e va avanti, avanti, avanti e non si ferma più».

Per vivere in pieno questa realtà, ha suggerito Francesco, occorre pregare. È infatti quanto si legge anche nella parabola evangelica, dove l’uomo chiede con insistenza: «Dammi il pane. Apri la porta, dammi del pane». E Gesù ricorda: «Come voi siete capaci di dare cose buone ai vostri figli, il vostro Padre non vi darà lo Spirito, il gran dono, la grande cosa buona».

Il Pontefice ha quindi concluso la meditazione suggerendo a ognuno di confrontarsi con alcuni quesiti: «io ignoro lo Spirito Santo?»; «la mia vita è una vita a metà, tiepida, che rattrista lo Spirito Santo e non lascia in me la forza di andare avanti», oppure «è una preghiera continua per aprirsi allo Spirito Santo, perché lui mi porti avanti con la gioia del Vangelo e mi faccia capire la dottrina di Gesù, la vera dottrina, quella che non incanta, quella che non ci fa stolti, ma la vera» che insegna «la strada della salvezza?».
(fonte: L'Osservatore Romano)

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